la libertà non ha appartenenza, è conoscenza, è rispetto per gli altri e per sé

"Chi riceve di più, riceve per conto di altri; non è né più grande, né migliore di un altro: ha solo maggiori responsabilità. Deve servire di più. Vivere per servire"
(Hélder Câmara - Arcivescovo della Chiesa cattolica)

domenica 25 agosto 2013

I saggi della Costituzione - Lettera a Nadia Urbinati


25.08.2013 - Dal sito de "il Fatto Quotidiano", uno scritto di Pierfranco Pellizzetti (24.08.2013).

Cara Nadia, l’ultima volta che ti ho sentita è stata la sera del 5 giugno scorso. Il giorno dopo dovevamo discutere insieme nel Palazzo Ducale di Genova il mio ultimo libretto, quando mi arrivò per telefono la tua voce concitata annunciandomi il forfait: «mi ha telefonato or ora Enrico Letta. Devo andare domani a Roma. Faccio parte della commissione per le Riforme Istituzionali. Scusami…». Ti risposi con un laconico «come ti pare» sentendoti tutta eccitata dall’imminente permanenza nelle stanze dorate del Palazzo. Anche se per un compito già in partenza esecrabile, quale quello di mettere mano alla Carta costituzionale (in un contesto dominato da retropensieri e obiettivi che una politologa scafata non poteva non percepire come altamente sovversivi).

Si dice: meglio esserci per controllare; probabilmente lo pensava anche Lorenza Carlassale. Artifizio retorico, fin
troppo scoperto, come salvataggio della coscienza nella chiamata a svolgere la funzione di foglia di fico. Un revival di quelli che un tempo si chiamavano “utili idioti”. Ma intanto la Carlassale, dopo aver dato un’occhiata, ha preso immediatamente il largo. Tu hai fornito per mesi coperture a un qualcosa che oscilla tra il fumo negli occhi dei cittadini e il laboratorio di un Dottor Moreau che pratica la vivisezione anticostituzionale.
Del resto te ne rendevi conto tu stessa, sapendo che i vostri nomi – tuo e della Carlassale – sono saltati fuori all’ultimo, per avere due presenze femminili in un team altrimenti di soli maschietti. Sicché l’unica, possibile, giustificazione non rampantistica di un tale coinvolgimento poteva essere che – dopo aver fatto parte dei gruppi di lavoro per assistere la qualità comunicativa di Pierluigi Bersani… – tu restassi parcheggiata nella commissione ancora una volta come bomba a orologeria, per annientare con un botto l’intera operazione malandrina.
Purtroppo non era questo l’intento.
Ora – dopo mesi di silenzio - annunci le tue dimissioni irrevocabili dalla non encomiabile compagnia. Non perché i lavori rifondativi della carta costituzionale, a differenza di quelli degli antichi Padri Fondatori, sono secretati e non pubblici (e all’epoca quei Padri Fondatori erano eletti dal popolo, mentre voi saltate fuori attraverso il meccanismo della designazione; secondo il “mood Porcellum” ormai imperante).
Non perché hai capito (magari dopo qualche fraintendimento dovuto alla tua lontananza americana… Però dovresti aver chiaro cosa bolle nella pentola italiana, visto che la commenti settimanalmente sulle pagine di Repubblica) che la difesa della Costituzione è la linea del Piave per fermare l’ultimo attacco alla legalità da parte della corporazione trasversale del potere.
Niente di tutto questo.
Semmai perché il presidente ministro Gaetano Quagliariello avrebbe adottato espressioni sopra le righe definendo “un plotone di esecuzione” la giunta del Senato che dovrà valutare la situazione del suo datore di lavoro Silvio Berlusconi, dopo la nota sentenza della Cassazione. Dio mio, che orrido svarione linguistico inaspettato! E intollerabile.
Ma non ti eri informata su chi fosse il presidente della commissione stucchi e arazzi dove sei andata a cacciarti? Non lo sapevi che il pallido ometto, già radicale laicista e ora berlusconiano papista, era quello che si aggirava per le aule parlamentari indirizzando immondi “assassino” all’indirizzo di papà Englaro, quando questi riuscì a porre fine al calvario della figlia Eluana?
Capisco la fregola presenzialista, ma sarebbe meglio informarsi. E qui mi rivolgo alla condirettrice di Critica Liberale, testata su cui scrivo dal 1976: caratteristica dei liberali critici, da Mario Pannunzio a Ernesto Rossi, è quella di defilarsi piuttosto che intrupparsi, accettando serenamente le condizioni della clandestinità.
Te lo dico sapendo che sei una neofita del liberalismo, dunque bisognosa di amichevoli consigli. Magari proprio da chi hai profondamente deluso: l’ansia di apparire non è propria della nostra tradizione, quanto di questo mediocre star-system che oggi colonizza le menti (appropriandosi indebitamente dell’aggettivo “liberale”).
Ad meliora.

Pierfranco

PS: nella presentazione del 6 giugno il tuo sostituto, il comune amico professor Alessandro Cavalli, ha fatto un figurone.

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