la libertà non ha appartenenza, è conoscenza, è rispetto per gli altri e per sé

"Chi riceve di più, riceve per conto di altri; non è né più grande, né migliore di un altro: ha solo maggiori responsabilità. Deve servire di più. Vivere per servire"
(Hélder Câmara - Arcivescovo della Chiesa cattolica)

domenica 12 febbraio 2012

Articolo 18 (breve premessa) + Gli operai FIOM epurati dalla Fiat. Dalla Fornero neppure una lacrima




Dom. 12.02.2012 - E dire che le lacrime della Fornero mi avevano fatto intravedere una ritrovata sensibilità verso le classi sociali defraudate di cittadinanza, in questo triste paese! Una illusione durata poco.
---Oggi il disincanto (sono veramente ingenuo, e disperatamente bisognoso di qualche volto pulito, alla Sandro Pertini), l'accanimento (balletto, perché sono anche vigliacchi) sull'art.18 della legge n. 300/1970, c.d. Statuto dei lavoratori; e si ha l'impressione che pochi lo abbiano mai letto, visto che i commenti su di esso sono spesso insensati, ed il "sentire comune" appare quello espresso, poche settimane fa, da Alan Friedman a "Caterpillar AM" (Radio2 - nel silenzio dei pur solitamente preparati conduttori): affermava una castroneria, come quella per cui l’art.18 non era più una norma accettabile in un paese ad economia avanzata come l’Italia, in quanto impediva di licenziare i lavoratori, il Friedman si domandava che cosa avrebbe dovuto mai fare un imprenditore, privo di commesse per la sua azienda, costretto a mantenere i dipendenti in servizio. Affermazione e preoccupazione del tutto sensata, peccato che l’art.18 dica tutt’altra cosa.
---In Italia qualsiasi imprenditore può licenziare (legge 604/1966), se non ha più lavoro per tutti i dipendenti (Giustificato motivo oggettivo), o per qualche fatto grave compiuto dal dipendente (Giusta causa -c.d. licenziamento in tronco- o Giustificato motivo soggettivo -licenziamento con diritto comunque ai "giorni di preavviso"-). L’art.18, invece, disciplina unicamente i casi di licenziamento illegittimo (licenziamento per appartenenza ad un sindacato, per un credo politico del lavoratore, perché porta l’orecchino, perché è brutto, perché non è voluta andare a letto col "padrone"…) statuendo, per le aziende che hanno più di 15 dipendenti, che il Giudice, accertata l’illeicità del licenziamento, ordini il reintegro del dipendente sul posto di lavoro, a differenza di quanto accade per le aziende con meno dipendenti, dimensionalmente inferiori, per le quali è previsto, in alternativa al reintegro, la corresponsione al lavoratore di una indennità economica (art.8 legge 604/1966).
---?Ma che "c'azzecca" tutto questo con la ripresa della nostra nazione? ?E dove è il PD, dove è Bersani, di fronte a ciò, di fronte alla cacciata dalla Fiat della Fiom, nel disprezzo di elementari norme di democrazia, nel disprezzo della nostra Carta costituzionale?
[Suggerisco 4 siti web utili per la conoscenza del mondo del lavoro e, più in generale, delle normative su di esso: 1) Wikilabour Italia - 2) CNEL (Archivio CCNL) - 3) DPL di Modena (Direzione Territoriale del lavoro di Modena) - 4) Normattiva (per trovare il testo delle norme di legge)]

Dal sito Byoblu, di Valerio Valentini (12.02.2012).
Devotissimi della Chiesa, fedelissimi del pallone, nullapensanti della televisione. Siamo i ragazzi del coro, le casalinghe sempre d’accordo, e la classe operaia nemmeno me la ricordo”. Così cantava Ivano Fossati qualche anno fa, fotografando con estrema precisione una nociva tendenza sempre più diffusa nella politica italiana: relegare in un angolo il dibattito sul tema del lavoro in fabbrica. In tutt’altre faccende affaccendati, distratti da un Parlamento sempre più autoreferenziale che si occupa soltanto di autorizzazioni a procedere (ovviamente negate) e di nipoti di capi di stato stranieri (ovviamente fasulle), ogni volta che i problemi relativi a catene di montaggio e diritti sindacali irrompono nelle nostre discussioni, ci ritroviamo disorientati e inebetiti. Abbiamo dimenticato la grammatica relativa a questa materia, e anche il lessico. Parole come capitalista, proletariato e classe operaia sono cadute nel dimenticatoio, e chi si azzarda a rispolverarle viene stigmatizzato come un veteroKompagno nostalgico degli anni di piombo.

Invece farebbe bene alla politica tornare ad occuparsi di questi temi, soprattutto in una fase storica nella quale si attribuisce alla classe operaia la responsabilità di una crisi generata da banchieri e magnati della finanza, e in virtù di ciò si torna a mettere in discussione diritti conquistati con anni e anni di lotte e sacrifici.

Il caso più emblematico è quello della discriminazione attuata dai dirigenti della Fiat, i quali hanno “richiamato” oltre 660 persone – precedentemente in cassa integrazione – a lavorare nello stabilimento di Pomigliano. In questo modo i dipendenti impiegati nella fabbrica che produce la nuova Panda sono divenuti 1845, ma tra questi non c’è neppure un operaio iscritto alla FIOM. Poiché è fuori dalla grazia divina pensare che si tratti di una coincidenza, o che gli iscritti al sindacato di Landini siano tutti “sfigati”, allora vuol dire che siamo di fronte a un evidente caso di discriminazione sul lavoro. Discriminazione che è ancor più grave dal momento che viene esercitata nei confronti di singoli operai, umiliati e fatti oggetto di vere e proprie rappresaglie squadristiche da parte di capi e capetti, per colpire l’ultimo sindacato che osa alzare la testa di fronte a chi cerca di eliminare di ogni forma di democrazia in fabbrica. Ne colpiscono uno per educarne cento. Un vero e proprio razzismo sindacale, che calpesta non soltanto la Costituzione (art. 3 e art. 39), ma anche il rispetto della libertà degli individui.

Ora, di fronte a questo abominio, la politica cosa fa? Tace. Di tanto in tanto blatera e sussulta, ma poi subito si assopisce. Ed è un silenzio che fa male tanto quanto la prepotenza e la sbruffonaggine di un manager che parla sempre col dito alzato e scarica la colpa dei propri fallimenti su operai che devono lavorare almeno tre anni per guadagnare quello che lui s’intasca in un giorno. È un silenzio, quello dei politici, dei ministri e dei tecnici, che è criminale, perché di fatto non fa che avallare e consentire un atteggiamento di minaccia e di discriminazione perpetrato con mezzi meschini da chi ha la certezza dell’impunità. E in casi come questi il silenzio è complice. Non è diverso dal silenzio imbelle, della Monarchia e del Vaticano, che accompagnò la promulgazione delle leggi razziali e le deportazioni degli ebrei nei campi di sterminio. È una pratica fin troppo comoda, e tristemente diffusa tra i vari leader politici: quella di lavarsi le mani cercando di reggersi sull’equilibrio precario della loro incoerenza per non deludere né l’una né l’altra parte dell’elettorato. E così facendo, partecipano ad un’operazione di tremenda regressione sociale, che consegnerà ai bambini di oggi un Paese che garantirà loro meno diritti e meno tutele. Un Paese meno libero, con maggior disuguaglianza sociale e con molta più discriminazione tra ricchi e poveri, tra padroni e operai, e con una lotta fratricida tra precari e disoccupati, con generazioni messe l’una contro l’altra a rimproverarsi a vicenda le responsabilità di una povertà generale che invece è causata da una politica che per vent’anni ha ignorato i veri problemi e ha discusso d’altro.

Ogni volta che vanno in TV, gli esponenti di Pd, Pdl, Lega e Udc condannano aspramente il “mostro dell’antipolitica che si nutre di populismo e qualunquismo”. Eppure, se c’è una cosa realmente antipolitica, cioè contraria al tentativo di indicare delle direzioni da seguire per una comunità, è proprio il silenzio, il disinteresse, l’alzata di spalle.

Il ministro Fornero, tra una lacrima e un annuncio di voler incontrare Marchionne, potrebbe intanto dire come la pensa a proposito dell’assenza di un solo tesserato FIOM tra i 1845 dipendenti di Pomigliano. E il premier Monti ci dica se tra i tanti pregi dell’Italia e tra i tanti vanti del suo governo che ha appena illustrato a Obama, ha incluso anche questa insopportabile ingiustizia. E chieda ai suoi tanti ministri che condannano la logica del posto fisso e l’attaccamento a mamma e papà, se è più monotono avere un lavoro sicuro e tutelato oppure essere discriminati e lasciati a casa con la colpa di avere la tessera sindacale sbagliata. E Napolitano, ora che è anche laureato, potrà sicuramente spiegare agli Italiani se non sia possibile ravvisare gli estremi dell’anticostituzionalità in una simile vicenda.

Potremo anche ridurre lo spread e aumentare la crescita, ma se abroghiamo i diritti degli individui, saremo comunque un Paese peggiore.

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