la libertà non ha appartenenza, è conoscenza, è rispetto per gli altri e per sé

"Chi riceve di più, riceve per conto di altri; non è né più grande, né migliore di un altro: ha solo maggiori responsabilità. Deve servire di più. Vivere per servire"
(Hélder Câmara - Arcivescovo della Chiesa cattolica)

venerdì 25 settembre 2009

Berlusconi e Il senso del ridicolo, che manca



Ven. 25.09.2009 - Dal TG3 delle 14,20, del 24.09.2009 (time 5.00).

Dopo l'intervento di Silvio Berlusconi all'ONU egli, riferendosi all'apprezzatissimo discorso del Presidente USA Obama, in una intervista al TG3, con sprezzo del ridicolo, afferma: "... ha espresso i sentimenti, le speranze e i traguardi che io avevo messo nella prima parte del mio discorso, quindi, siccome lui queste cose le aveva dette molto bene, mi sono limitato al dovere di rappresentare i risultati del lavoro del G8 dell'Aquila." [fine post] xxx

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domenica 20 settembre 2009

Democrazia feudale



Dom. 20.09.2009 - Da "Micromega on line" (15.09.2009), di Loretta Napoleoni, da Internazionale.it.

<< Questa settimana ricorrono due anniversari importanti: il crollo delle torri gemelle e quello della Lehman Brothers. Fiumi d’inchiostro sono stati spesi per interpretarli, ma forse è ora di smettere di guardare al passato per capire quali sono state le cause. Proviamo invece ad analizzare il presente e il futuro. Chi ha guadagnato da queste tragedie? La risposta è sconcertante: uno stato democratico ha perseguito gli interessi di un’oligarchia di privilegiati, i feudatari della globalizzazione, che detengono il potere economico-finanziario e controllano l’informazione. xxx

In difesa della democrazia feudale statunitense George W. Bush, dopo aver dichiarato la guerra al terrorismo, ha inaugurato la politica della paura. La minaccia di Osama bin Laden è stata ingigantita per giustificare una serie d’interventi armati che non servivano a sradicare la malerba del terrorismo, ma a rilanciare l’egemonia statunitense. A dirigere queste grandi manovre era il vicepresidente Dick Cheney, che lavorava per conto delle lobby petrolifere e militari, e i falchi della destra repubblicana, il nocciolo duro della moderna democrazia feudale. Sono loro i pochi eletti che pagano le costosissime campagne elettorali e che decidono chi entra ed esce dalla Casa Bianca.

Gli esperti, quelli veri, si sono accorti subito che la guerra al terrorismo non aveva nulla a che vedere con gli attentati. La questione delle fonti di finanziamento dei gruppi armati islamici è finita presto nel dimenticatoio. I 150 milioni di dollari congelati dall’11 settembre a oggi sono una cifra irrisoria, e sono soprattutto una frazione infinitesimale di quanto è stato speso per riuscire a racimolarli. Ma l’obiettivo era un altro: fare gli interessi delle lobby vicine all’amministrazione e rilanciare l’America come unica superpotenza.

È bastato poco a raggiungerlo: il prezzo del petrolio è salito alle stelle fino a quota 150 dollari al barile, quasi dieci volte i 18 dollari che costava alla vigilia dell’11 settembre. E le multinazionali del petrolio nordamericane, che l’oro nero non solo lo producono ma lo raffinano e lo commerciano per conto dei produttori arabi, hanno registrato enormi profitti. Anche l’industria della guerra, privatizzata dai predecessori di Bush, va a gonfie vele. Dai contractor – i nuovi mercenari – ai fornitori di armi, uniformi e razioni per le truppe, chiunque avesse un piede nell’arte della guerra ha trovato in Iraq e Afghanistan una vera cuccagna.

I neoconservatori hanno imposto la loro visione del mondo a tutti, anche contro la volontà delle Nazioni Unite. L’Iraq è stato invaso con una coalizione di amici di Bush, non con il consenso dell’Onu.

A tenere alta la paura del terrorismo islamico in casa ci ha pensato la fiorente industria della paura, formata da uno stuolo di professori, diplomatici, intellettuali, giornalisti, ex poliziotti, militari e mercenari diventati improvvisamente tutti “esperti di terrorismo”. Ecco i servi dei feudatari democratici, volti ormai noti che vediamo scorrere sui nostri televisori notte e giorno. Nessuno mette in dubbio le loro parole.

E veniamo al crollo della Lehman Brothers, che appena un anno fa faceva presagire una valanga di fallimenti nelle alte sfere della finanza mondiale. Non è successo niente di tutto questo. Gran parte delle grandi banche americane, con in testa Goldman Sachs, e di quelle internazionali hanno ottenuto profitti da capogiro nel secondo trimestre del 2009. E i bonus per i dirigenti sono stati da record. Naturalmente questo “miracolo” è frutto dei nostri risparmi distribuiti dalle banche centrali.

Una in particolare, la Federal reserve è stata molto generosa: nel settembre 2008 si è battuta contro il congresso americano finché non ha ottenuto un piano di salvataggio per le banche da 700 miliardi di dollari. E guarda caso tra i vincitori della crisi del credito c’è proprio la Federal reserve, un’organizzazione privata e a scopo di lucro, che ha incassato 14 miliardi di dollari di interessi negli ultimi due anni sui soldi dati in prestito agli istituti di credito in difficoltà. E tutti questi bigliettoni verdi non sono finiti nelle casse del tesoro, ma sono e saranno distribuiti come dividendi tra i suoi soci.

Anche i feudi dell’alta finanza hanno il loro peso nell’elezione dei presidenti americani. E Barack Obama lo sa bene. Infatti ha proposto di aumentare i poteri della Fed, ha confermato alla sua guida Ben Bernanke e ha richiamato alla guida dell’economia i falchi della deregulation clintoniana.

Questa lettura dei due crolli ci spinge a pensare che le loro cause siano molto più serie e radicate della follia religiosa di un branco di esaltati arabi o dell’incontrollabile avidità di giovani banchieri rampanti. Né la voglia di tornare a vivere come faceva Maometto né il desiderio di comprarsi una Ferrari bastano a produrre crisi politiche ed economiche come queste. A monte, ahimè, c’è il logoramento delle democrazie moderne e lo spostamento progressivo verso forme di governo premoderne.

(15 settembre 2009). >> xxx

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sabato 19 settembre 2009

Lettera di RIPUDIO - Dio liberi l'Italia dal DRAGONE



Sab. 19.09.2009 - Lettera di Don Paolo Farinella a Silvio Berlusconi (09.09.2009).

<< Lettera di ripudio
Il mio nome è Paolo Farinella, prete della Chiesa cattolica residente nella diocesi di Genova. Come cittadino della Repubblica Italiana, riconosco la legittimità formale del suo governo, pur pensando che lei abbia manipolato l’adesione della maggioranza dei pensionati e delle casalinghe che si formano un’idea di voto solo attraverso le tv, di cui lei ha fatto un uso spregiudicato e illegittimo. Lei in Italia possiede tre tv e comanda quelle pubbliche nelle quali ha piazzato uomini della sua azienda o a lei devoti e proni. Nel mese di agosto 2009 ha inaugurato una nuova tv africana, Nessma, a cui ha fatto pubblicità sfruttando illecitamente la sua posizione di presidente del consiglio e dove ha detto il contrario di quello che opera in politica e con le leggi varate dal suo governo in materi di immigrazione. xxx

Se lei è pronto a smentire, come è suo solito, ecco, si guardi il seguente filmato e giudichi da lei perché potrebbe trattarsi di Veronica Lario travestita da lei: click qui.

Faccia vedere il video ai suoi amici leghisti e nel frattempo ascolti cosa dice il sindaco di Treviso, lo sceriffo Giancarlo Gentilini del partito di Bossi, ad un raduno del suo partito xenofobo dove ha esposto «Il vangelo secondo Gentilini» con chiarezza diabolica: «Voglio la rivoluzione contro gli extracomunitari … Voglio la rivoluzione contro i bambini degli immigrati … Ho distrutto due campi di nomadi e ne vado orgoglioso. Voglio la rivoluzione contro coloro che vogliono le moschee: i musulmani se vogliono pregare devono andare nel deserto, ecc. ecc. Questo è il Vangelo secondo Giancarlo Gentilini (sindaco di Treviso): “Tutto a noi e se avanza qualcosa agli altri, ma non avanzerà niente”». Questo il link con la sua voce in diretta; si prepari ad ascoltare il demonio in persona: click qui.

Legittimità elettorale e dignità etica
Riconoscere la legittimità del suo governo, con riserva etico-giuridica, non significa riconoscere anche la sua legittimità morale a governare il Paese perché lei non ha alcuna cultura dello Stato e delle sue Istituzioni, ma solo quella di difendere se stesso dalla Giustizia e i suoi interessi patrimoniali che sotto i suoi governi prosperano alacremente. Il conflitto di interessi pesa come un macigno sulla Nazione e la sua economia, ma lei è bravo ad imbrogliare le carte, facendolo derubricare nella coscienza della maggioranza che ne paga le conseguenze economiche e democratiche. Cornuti e mazziati dicono a Napoli.
Quando la sua maggioranza si sveglierà dall’oppio che lei ha diffuso a piene mani sarà troppo tardi e intanto il Paese paga il conto dei suoi avvocati, nominati da lei senatori, cioè stipendiati con soldi pubblici. Allo stesso modo stiamo pagando i condoni fiscali che lei si è fatto su misura sua e della sua azienda, sottraendo denaro al popolo italiano. In morale questo viene definito come doppio furto.
Da quando lei «è sceso in campo», l’Italia ha iniziato un degrado inesorabile e costante che perdura ancora oggi, codificato nel termine «berlusconismo» che è la sintesi delle maledizioni che hanno colpito l’Italia sia sul piano economico (mai l’economia è stata così disastrata come sotto i suoi governi), su quello sociale (mai si sono avuti tanti poveri, disoccupati e precari come sotto i suoi governi), e su quello civile (mai come sotto i suoi governi è sorta la categoria del «nemico» da odiare e da abbattere). Lei, infatti, usa la menzogna come verità e la calunnia come metodo, presentandosi come modello di furbizia e di utilizzatore finale di leggi immorali e antidemocratiche come tutte quelle «ad personam».
Nei confronti dell’ultima illegalità, che grida giustizia al cospetto di Dio, il decreto 733-B/2009, che segna una pietra miliare nel cammino di inciviltà e di negazione di quelle radici cristiane di cui la sua maggioranza ama fare i gargarismi, sappia che siamo cento, mille, diecimila, milioni che faremo obiezione di coscienza all’ignobile e illegale decreto, pomposamente detto «decreto sicurezza»: diventeremo tutti clandestini e sostenitori dei cittadini di altri Paesi, specialmente africani, in quanto «persone», anche se clandestini, a costo della nostra vita. Dobbiamo ubbidire alla nostra coscienza piuttosto che alle sue leggi razziali e disumane. La legge che definisce l’immigrazione come illegalità è un insulto a tutte le Carte internazioni e nazionali sui «diritti», un vulnus alla dottrina sociale della Chiesa e colloca l’Italia tra le nazioni responsabili delle stragi degli innocenti, perseguitati e titolari del diritto di asilo.

Essere «alto» ed essere »grande»
Lei non è e non sarà mai uno «statista» se sente il bisogno di fare vedere alle sue donnine i filmati che lo ritraggono tra i «grandi». Per essere «grande», non basta rialzare le suole delle scarpe, ma occorre avere una visione oltre se stesso, una visione «politica» che a lei è estranea del tutto, incapace come è di vedere oltre i suoi interessi. Per potere emergere dallo squallore in cui lei è maestro, ha profuso a piene mani il virus dell’antipolitica, il qualunquismo populista, trasformando la «polis» da luogo di convergenza di ideali e di interessi a mercato di convenienza e di sopraffazione. Lei, da esperto di vecchio pelo, ha indotto i cittadini ad evadere il fisco che in uno Stato democratico è prevalentemente un dovere civile di solidarietà e per un cristiano un obbligo di coscienza perché strumento di condivisione per servizi essenziali alla corretta e ordinata convivenza civile e sociale. Durante il suo governo le tasse sono aumentate perché incapace di porre un freno alla spesa pubblica che anzi galoppa come non si è mai visto. Non faccia confusione tra «essere alto» e «essere grande», come insegna Napoleone che lei ben volentieri scimmiotta, senza riuscire ad eguagliare l’ombra del dittatore.
Lei non può negare di essere stato piduista (tessera n. 1816) e forse di esserlo ancora, se come sembra, con il suo governo cerca di realizzare la strategia descritta nei documenti sequestrati al gran maestro Licio Gelli, a Castiglion Fibocchi (Comunicato Ansa del 17 marzo 1981 ore 12:18, da cui emerge il suo numero di tesserato; cf intervista di Licio Gelli su Repubblica.it del 28-09-2003).

La maledizione italiana
A lei nulla importa dei valori religiosi, etici e sociali, che usa come stracci a suo comodo esclusivo, senza esimere di vantarsi di essere ossequioso degli insegnamenti etici e sociali della Chiesa cattolica, di cui si è sempre servito per averne l’appoggio e il sostegno. Partecipa convinto al «Family-Day» in difesa della famiglia tradizionale, monogamica formata da maschio e femmina e poi ce lo ritroviamo con prostitute a pagamento che registrano la sua voce nel letto di Putin; oppure spogliarelliste che lei ha nominato ministre: è lecito chiedersi, in cambio di cosa? Come concilia questo suo comportamento con le sue dichiarazioni di adesione agli insegnamenti della Chiesa cattolica? La «corrispondenza d’amorosi sensi» tra lei, il Vaticano e la gerarchia cattolica è la maledizione piombata sull’Italia ed una delle cause del progressivo e costante allontanamento dalla Chiesa delle persone migliori. I prelati, come sempre nella storia, fanno gli affari loro e lei che di affari se ne intende si è lasciato usare ed ha usato senza scrupoli offrendo la sua collaborazione e cercando quella della cosiddetta «finanza cattolica» legata a doppia mandata con il Vaticano. Se volesse avere la documentazione di legga il molto istruttivo saggio di Ferruccio Pinotti e Udo Gümpel, «L’unto del Signore», BUR, Rizzoli, Milano 2009.
Gli ecclesiastici, da perfetti «uomini di mondo, hanno capito che con lei al governo potevano imporre al parlamento leggi e decreti di loro interesse, utilizzandolo quindi come braccio secolare. Per questo obiettivo, devono però rinunciare alla loro religiosità e adeguarsi alla paganità del potere che esige la contropartita. Lei, infatti, è sostenuto dall’Opus Dei, da Comunione e Liberazione e da tutte le organizzazioni e sètte cattoliche che si lasciano manovrare a piacimento con lo spauracchio dei «comunisti» e con l’odore satanico dei soldi.
Il Vaticano e i vescovi, non essendo profeti, ma esercenti gestori di una ditta pagana, non hanno saputo o voluto cogliere le conseguenze nefaste che sarebbero derivate al Paese da questo connubio incestuoso; di fatto sono caduti nella trappola che essi stessi e lei avevate preparato. L’incidente di Vittorio Feltri, da lei, tramite la famiglia, nominato direttore del suo «Il Giornale» con cui uccide sulla pubblica piazza Dino Boffo, direttore di «Avvenire» portavoce della Cei, va oltre le vostre intenzioni e come un granellino si sabbia inceppa il motore. Oppure, secondo l’altra vulgata, tutto sarebbe stato progettato da lei e Bertone per permettere a questi di mettere le mani sulla Cei e a lei di fare tacere un sussurro appena modulato di critica sui suoi comportamenti disgustosi. Senza volersi arrampicare sugli specchi forse si è verificato un combinato disposto, non nei tempi e nelle forme da voi progettato.
Il giorno 7 agosto 2009, in un colloquio riservato con il cardinale Angelo Bagnasco, lo misi in guardia: «Stia attento – gli dissi – e si prepari alla guerra d’autunno perché con la nomina di Feltri al Giornale di Berlusconi (20-07-2009), la guerra sarà totale e senza esclusione di colpi. Berlusconi non può rispondere alle domande di la Repubblica e non può andare in tv a dare spiegazioni. Può continuare a negare sulle piazze per gli allocchi, ma nemmeno lui, menzognero di professione potrebbe negare davanti a domande precise e contestazioni puntuali. Per questo non lo farà mai, tanto meno in Parlamento. Non ha che un mezzo: sguazzare nel fango facendolo schizzare su tutti e su tutto, in base al principio che se tutto è infangato, nessuno è infangato». Il cardinale mi guardò come stupito e incredulo, reputando impossibile la mia previsione. Credo che ora si morda le labbra.
Eppure credo anche che lei sia finito: per la finanza internazionale e per gli interessi di coloro che lo hanno sostenuto, Vaticano compreso, lei ora è ingombrante e impresentabile e deve essere sostituito, ma lei non cadrà indenne, farà più danni che potrà, un nuovo Sansone in miniatura. Lei sa che deve andarsene, ma sa anche che passerà alla storia non come quel «grande, immenso» presidente che è stato lei, ma come «l’utilizzatore finale di prostitute che altri pagavano per conto suo». Non c’è che dire: lei è un grande in bassezza e amoralità.

Spergiuro
Nella trappola non è caduto il popolo di Dio, formato da «cristiani adulti» che tanto dispiacciano al papa «pro tempore» Benedetto XVI: lei non potrà mai manipolarli come non potrà mai possedere le coscienze dei non credenti austeri, cultori della laicità dello Stato che lei vilipende e svende, sempre e comunque, per suo inverecondo interesse. Lei ha la presunzione ossessiva di definirsi liberale, ma non sa cosa sia il liberismo, mentre è l’ultima caricatura di promettente e decadente comunista sovietico di stampo breshnieviano, capace di usare il popolo per affermare la propria ingordigia patologica di potere. D’altronde il suo amico per la pelle non è l’ex «kgb» Vladimir Vladimirovič Putin, nella cui dacia è ospitato secondo la migliore tradizione comunista italiana?
Dal punto di vista della morale cattolica, lei è uno spergiuro perché ha giurato sulla testa dei suoi figli, senza pudore e alcuni giorni dopo il «ratto di Noemi», ha dato dello stesso fatto diverse versioni differenti, condannando se stesso e la testa dei suoi figli alla pena dello spergiuro che già Cicerone condannava con la «rovina» e l’esposizione all’umana infamia: «Periurii poena divina exitium, humana dedecus – La pena divina dello spergiuro è la rovina e l’infamia/il disprezzo degli uomini» (De legibus, II, 10, 23; cf anche De officis, III, 29, 104;in Cicerone, Opere politiche e filosofiche, a c. di Leonardo Ferrero e Nevio Zorzetti, vol. I, UTET, Torino, 1974, risp. p. 489 e p. 823). Anche il Diritto Canonico, per sua informazione, riserva allo spergiuro «una giusta pena» (CJC, can. 1368), demandata all’Autorità, in questo caso il papa, che avrebbe dovuto comminarle la pena canonica, invece di indirizzarle una lettera diplomatica per il g8 e i suoi «deferenti saluti». Non ci può essere deferenza, tanto meno papale, per un uomo che ha toccato il fondo della dignità politica e morale.
Gli ultimi fatti di Villa Certosa e Palazzo Grazioli hanno sprofondato lei (non era difficile), ma anche l’Istituto Presidenza del Consiglio in un letamaio senza precedenti. Mai l’Italia è stata derisa nel mondo intero (ormai da quattro mesi continui) a causa di un suo presidente del consiglio che, su denuncia della moglie, frequenta le minorenni e sempre per ammissione della moglie che lo frequenta da oltre trent’anni, per cui si presume lo conosca bene, è malato e come un dio d’altri tempi esige per la sua perversione, sacrifici di giovani vergini per nascondere a se stesso i problemi del tempo che inesorabilmente passa, nonostante il trucco abbondante.

Affari privati o deriva di Stato?
Lei dice di volere difendere la sua privacy, ma non c’è privacy per uno che ha portato i suoi fatti «privati» in tv attaccando indecorosamente la sua stessa moglie che ha intrapreso la strada del divorzio. Forse lei ha dimenticato che sull’immagine della sua «felice famiglia italiana» lei ha costruito se stesso e la sua fortuna politica ed economica. Lei si comporta per quello che è: uno spaccone che in piazza si vanta di tutto ciò che non ha mai fatto e poi pretende che nessuno ne parli. Se lei mette il segreto di Stato sulle sue ville, queste diventano ipso facto «affare politico» perché lei le usa anche per incontri istituzionali e quindi fanno parte dell’Istituzione della presidenza del consiglio. Lei non ha diritto alla vita privata, quando si comporta da uomo pubblico e promette carriere tv o posti in parlamento a donnine compiacenti che la sollazzano nel suo «privato». Non è lei che ha detto in una intercettazione, parlando con Saccà che «le donne più son cattoliche più son troie»? Può spiegare, di grazia, il significato di queste parole altamente religiose e rispettose delle donne e indicarci a chi si riferiva? C’entrano le due donne che siedono nel suo governo e che si vantano di essere cattoliche: la Carfagna e la Gelmini?
Lei e suoi paraninfi continuate a dire che si tratta di questioni private senza rilevanza pubblica, sapendo di mentire ancora e senza pudore. Sarebbero affari privati se Silvio Berlusconi non fosse presidente del consiglio che alle donnine che gli accompagnano anche a pagamento, non promettesse incarichi in aziende pubbliche (tv) o posti in parlamento se non addirittura al governo. Vorrei chiederle per curiosità: quali sono i meriti e le benemerenze delle ministre Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini per essere assurte, non ancora quarantenni, a posti di rilievo nel suo governo? Perché Mara Carfagna posava nuda o la Gelmini prendeva l’abilitazione in Calabria?
Le sue ville sono ancora sotto la tutela del segreto di Stato e quindi guardate a vista da polizia, carabinieri, esercito? A spese di chi? Può ancora dire che sono residenze private? Fu lei in persona ad andare dal suo devoto suddito Bruno Vespa a rispondere pubblicamente a suo moglie, Veroni Lario, rendendo pubblici i fatti che la riguardavano e attaccando sua moglie senza alcuna pietà, facendo pubblicare dal suo «killer mediatico» le foto di sua moglie a seno nudo di quando faceva l’attrice. Non credo che lei possa dire che le sue vicende sono private perché ci riguardano tutti, come cittadini e come suoi «sovrani» costituzionali perché una cosa è certa: noi non abdicheremo mai alla nostra dignità di cittadini sovrani figli orgogliosi della nostra insuperabile Costituzione. Noi non permetteremo mai che lei diventi il «padrone» della nostra dignità.
Per lei è cominciato l’inizio della fine perché il suo declino è iniziato nel momento stesso in cui è andato nella tv di Stato compiacente e, senza contraddittorio, alla presenza del solo cerimoniere e maggiordomo fidato, ha cominciato a farfugliare bugie, contraddizioni, falsità che non hanno retto l’urto dei fatti crudi. Se lei fosse onesto, anche solo per una parte infinitesimale, dovrebbe rassegnare le dimissioni, come aveva promesso nel suddetto, compiacente recital.


Strategie convergenti
Lei può fare affari col Vaticano e chiudere nel cassetto morale e dignità, ma sappia che il Vaticano non è la Chiesa, per nostra fortuna e per sua e vostra disgrazia. Noi, uomini e donne semplici, vogliamo onorare e difendere la nostra dignità e la nostra fede, contro ogni tentativo di manipolazione e di incesto tra altare e politica. Purtroppo lei, supportato da parte della gerarchia, ha fatto scadere la «politica» da arte a servizio del bene comune a mercimonio di malaffare e a sentina maleodorante. Le istituzioni cattoliche che lo hanno appoggiato ne portano, con lei, la responsabilità morale, in base al principio giuridico della complicità.
Strana accoppiata: i difensori della moralità ufficiale, costretti a tacere per mesi di fronte a comportamenti indegni e a leggi inique, perché lautamente ricompensati o in vista della mancia promessa. Trattasi solo di un baratto di cui i responsabili dovranno rendere conto. I vescovi hanno ritrovato la parola quando si sono visti attaccare, inaspettatamente, da lei con avvertimenti di stampo mafioso (per interposta persona). La gerarchia, in genere felpata e compassata, in questo frangette è risorta come un sol uomo, arruolando anche il papa alla bisogna, ma cogliendo anche l’occasione per dare corpo alle vendette interne e regolare i conti tra ruiniani e bertoniani. Come insegna l’amabile Andreotti «la vendetta è un piatto che si gusta freddo». Strategie convergenti che hanno sprigionato il disgusto del popolo cattolico e dei cittadini che ancora pensano con la propria testa.

Ripudio
Io, Paolo Farinella, prete mi vergogno della sua presidenza, per me e la mia Nazione e, mi creda, in Italia siamo la maggioranza che non è quella elettorale, ottenuta da una «legge porcata» che ben esprime l’identità della sua maggioranza e del governo e di lei che lo presiede (o lo possiede?). Lei potrà avere il sostegno del Vaticano (uno Stato estero) e della Cei che con il loro silenzio e le loro arti diplomatiche condannano se stessi come complici di ingiustizia e di immoralità.
Per questi motivi, per quanto mi concerne in forza del mio diritto di cittadino sovrano, non voglio più essere rappresentato da lei in Italia e all’Estero, io la ripudio come politico e come presidente del consiglio: lei non può rappresentarmi né in Italia e tanto meno all’estero perché lei è la negazione evidente di tutto quello in cui credo e spero di vedere realizzato per il mio Paese. sia perché non mi rappresenta sia perché è indegno di rappresentare il buon nome dell’Italia seria, laboriosa e civile e legale che amo e per la quale lotto e impegno la mia vita. Non importa che lei abbia la maggioranza parlamentare, a me interessa molto di più che non abbia la mia coscienza
Io, Paolo Farinella, prete ripudio lei, Silvio Berlusconi, presidente pro tempore del consiglio dei ministri e tutto quello che rappresenta insieme a coloro che l’adulano, lo ingannano, lo manipolano e lo sorreggono: li/vi ripudio dal profondo del cuore. in nome della politica, dell’etica e della fede cattolica. La ripudio e prego Dio che liberi l’Italia dal flagello nefasto della sua presenza.

Genova 09 settembre 2009

Paolo Farinella, prete >> xxx

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La testimonianza limpida del Vangelo



Sab. 19.09.2009 - Dal sito di Beppe Grillo, lettera aperta di Don Paolo Farinella (11.09.2009) al Cardinale Tarciso Bertone, Segretario di Stato Vaticano.

<< Signor Cardinale, apprendo dalla stampa che il giorno 7 ottobre 2009, memoria liturgica della Madonna del Rosario, lei ha intenzione di inaugurare la mostra dall’emblematico titolo «Il potere e la grazia» insieme al presidente «pro tempore» del consiglio dei ministri italiano, Signor Silvio Berlusconi che non posso chiamare «onorevole» perché di «onorevole» nella sua vita pubblico-privata, nella sua politica e nel suo sistema di menzogne non vi è nulla, nemmeno una traccia. Se la notizia di questo «rendez-vous» al vertice fosse vera, è giusto che sappia che lei agli occhi della stragrande maggioranza della Chiesa italiana e del mondo si renderebbe complice e si assumerebbe la responsabilità di molti abbandoni «dalla» Chiesa da parte di credenti che ormai sono stufi che la politica della diplomazia sovrasti e affossi la testimonianza limpida del vangelo. xxx

Lei sicuramente sa, come lo sa ogni parroco che vive sulla breccia dei marciapiedi, che quest’anno vi è stata una emorragia nei confronti dell’8xmille che moltissimi cattolici anche praticanti hanno devoluto ad altre istituzioni pur di toglierlo alla Chiesa cattolica per le sue ingerenze e connivenze con un governo legittimo, ma ad altissimo tasso di illegalità e immoralità. Questo argomento credo che vi interessi non poco sia come Vaticano che come Cei.

Dopo tutto quello che è successo, le testimonianze, le registrazioni, le inchieste, lo spergiuro pubblico in televisione sulla testa dei suoi figli, gli immigrati morti in mare che il governo ha sulla coscienza; dopo la legge infame che dichiara «reato» lo «stato personale», cioè la condizione esistenziale di «immigrato» divenuto formalmente «clandestino» in forza della legge Bossi/Fini che lo stesso governo ha voluto e varato; dopo tutto questo e altro che potrà leggere nella mia accusa lettera di ripudio all’interessato, lei non può far finta che nulla sia successo e farsi vedere in pubblico con Berlusconi o qualcuno dei suoi scherani.

Noi cattolici credenti e praticanti che portiamo la fatica diuturna della fede e della testimonianza in mezzo ad un mondo indifferente e a non credenti che scrutano la Chiesa e il suo personale con attenzione per scoprire i segnali di una «religione pura e senza macchia» che «non si lascia contaminare da questo mondo» (Gc 1,27), assistiamo allibiti e scandalizzati di fronte ai salti acrobatici che lei sta facendo per riprendere i rapporti con il presidente del consiglio e il suo governo da dove sono stati interrotti, passando sopra ad ogni insulto alla morale cattolica e alla dottrina sociale, di cui ogni giorni vi fate alfieri a parole «per gli altri».

Se parlate di morale pubblica e di etica politica, dovete essere coerenti con i vostri stessi principi che spesso esigete dagli altri che non hanno il potere immondo di Silvio Berlusconi, il quale si crede il Messia e «solutus omnibus legibus», visto che concepisce se stesso come sultano e l’Italia il suo sultanato personale. Egli pensa di potere comprare tutto: i tribunali, le sentenze, la compiacenza di prosseneti e lenoni che gli procurano donnine a pagamento per sollazzarlo con orge (e forse anche droga) di cui egli continua a vantarsi pubblicamente fino a dichiarare con spudoratezza che «il popolo italiano vuole essere come lui».

Egli crede di potere comprare anche il Vaticano, offrendo leggi e favori a richiesta. Valuti lei se le lenticchie fuori stagione valgano una Messa. Sig. Segretario di Stato, lei è libero di incontrare chi vuole, ma non può farlo in rappresentanza della Chiesa perché come gran parte dei credenti stanno ripudiando Berlusconi, così possono ripudiare anche lei se gli offre la sponda di salvataggio contro la trasparenza della fede evangelica.

Lei deve sapere che serpeggia nella Chiesa uno scisma ormai non tanto sotterraneo che sta emergendo di giorno in giorno e bisogna stare attenti che non diventi movimento o peggio ancora separazione, anche perché molti vescovi stanno zitti, ma in cuor loro meditano e in privato imprecano. Non prenda a cuor leggero quello che le dico. Il mio vescovo, cardinale Angelo Bagnasco e anche lei che mi ha conosciuto personalmente e bene, sapete che non dico bugie e non parlo mai per sentito dire e di ogni mia affermazione o gesto mi assumo sempre la responsabilità pubblica.

Il popolo si chiede cosa ha da spartire uno come l’attuale presidente del consiglio con la «grazia» e che cosa lei in quanto prete pubblico ha da dire ad un uomo che ha buttato nella spazzatura tutti i principi etici che voi affermate: l’onesta, la verità, la legalità, la famiglia, la prostituzione, la donna, la droga, la menzogna, lo spergiuro, ecc. Se lei appare pubblicamente con
«quest’uomo» che ormai sporca ogni cosa che dice e fa, lei inevitabilmente finisce per avallare i suoi comportamenti immorali e immondi dei quali non solo non si è pentito, ma continua a vantarsene ad ogni occasione propizia.

In nome di Dio e del suo popolo semplice non contamini la «grazia» con l’immondizia del «potere» che uccide la Chiesa e condanna i suoi rappresentanti. Almeno per una volta, come Segretario di Stato, sia prete, solo prete, intimamente prete e disdica ogni appuntamento con un trafficante senza morale e senza dignità che la sta usando solo per affermare che i suoi rapporti con il Vaticano e con il papa «sono eccellenti». Dichiari pubblicamente che finché il presidente del consiglio non risponde al Paese del suo operato, il papa, lei e la Cei non potete riceverlo. Chieda scusa pubblicamente, si penta e poi, come Nicodemo, vada di notte a confessarsi da chi vuole, senza tv al seguito.

Se vuole conoscere il rapporto tra «potere e grazia» , come si è codificato in Italia nel quindicennio del berlusconimo-leghismo e che a mio parere sta nel Crocifisso, si legga il mio libro «Il Crocifisso tra potere e grazia. Dio e la civiltà occidentale», Il segno dei Gabrielli Editore, San Pietro in Cariano (VR) 2007. A lei non sarà difficile procurarselo tramite le vicina Libreria Vaticana. Per sua scienza e coscienza le accludo la «Lettera di ripudio» che ho inviato al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e che tante adesioni sta raccogliendo nel mondo credente e non credente.

Il Vaticano, attraverso di lei sta facendo lo stesso errore che fece nel 1929, quando riconobbe lo Stato fascista di Mussolini, liberandolo dalla morsa dell’isolamento in cui tutti gli Stati democratici e con un minimo di dignità etica lo avevano confinato. Con i Patti Lateranensi e il Concordato, Mussolini ebbe partita vinta e portò l’Italia alla rovina e la Chiesa allo sfascio.

Oggi sta accadendo lo stesso scempio: il mondo internazionale (economico e politico) ha scaricato Berlusconi, la sua politica e la sua pazzia (lo ha detto la moglie) perché ormai impresentabile; Dio non voglia che ancora una volta il Vaticano, per meri interessi materiali, si schieri dalla parte sbagliata, immorale e indecente.

Se lei riabilita Berlusconi, come ha già fatto Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano con l’intervista al Corriere della Sera, nella Chiesa di Dio lei perde il diritto di parlare di Vangelo, etica e moralità. Se Berlusconi riesce a comprare anche il Vaticano con uno scambio di leggi, favori e denaro, sappia che non potrà mai comprare le nostre coscienze di credenti che ogni giorno pregano Dio per la salvezza della «povera Italia» e per la conversione delle gerarchie ecclesiastiche che spesso sono di scandalo e non di esempio al popolo dei battezzati.

Noi ci opporremo e faremo sentire le nostri voci e il nostro dissenso perché non vogliamo essere complici di mercimonio , perché nessuno, nemmeno il papa, né il suo Segretario di Stato possono «servire due padroni» e fare affari con «mammona iniquitatis» (Mt 6,24). Ognuno è libero di scegliersi gli amici e le comparse che crede, ma poi deve essere coerente nella verità fino in fondo, fino allo spasimo e deve accettare anche la disobbedienza di coscienza dei cattolici feriali. Preoccupato e amareggiato, la saluto sinceramente. Genova, 11 settembre 2009 >> xxx

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?Coppia diabolica?



Sab. 19.09.2009 - Dal sito di Pietro Orsatti (18.09.2009 - Pubblicato su Left/Avvenimenti).

<< Non è ancora un clima da resa dei conti ma poco ci manca. Dopo una settimana di polemiche durissime, e l’attacco dei giornali legati al premier nei confronti della Procura di Palermo e in particolare dei due pm Ingroia e Scarpinato rei di aver partecipato, senza intervenire, alla presentazione del quotidiano Il Fatto, l’attività è ricominciata come da calendario. Ma l’atmosfera non è certo quella che ci si aspetterebbe dopo le ferie estive. L’attacco di Berlusconi alle procure e in particolare a Palermo, un attacco preventivo visto che nel palazzo di giustizia del capoluogo siciliano non c’è alcun fascicolo che riguardi il presidente del Consiglio associandolo direttamente alla vicenda delle stragi del ’92 e del ’93, ha scosso ovviamente l’ambiente ma a dire il vero non ha stupito più di tanto. Perché qualcosa doveva accadere vista la complessità e l’importanza di due processi attualmente in corso. Quello di secondo grado a Marcello Dell’Utri e quello al generale Mario Mori. xxx

xxxLe dichiarazioni di Massimo Ciancimino e del pentito Gaspare Spatuzza in relazione alle stragi sono di competenza della procura di Caltanissetta. Nel primo giorno dopo le ferie, il procuratore aggiunto di Palermo Ingroia ricorda che il pentito di mafia Gaspare Spatuzza negli ultimi tempi sta facendo nuove rivelazioni «sull’uccisione di padre Pino Puglisi e altri fatti di sangue, ma tutto quello che dice dei fatti stragisti non è di nostra competenza, come ha detto il procuratore di Palermo nei giorni scorsi». E poi, intervenendo sull’attualità della macchina della giustizia, smonta l’accusa di “archeologia giudiziaria” che gli è stata rivolta. «Benché ci siano state, da parte del governo, assunzioni di impegni, basti pensare all’inasprimento del carcere duro, non penso che si possa negare che i tagli di bilancio del comparto giustizia e sicurezza non abbiano aiutato la lotta alla mafia – ha spiegato, infatti, il procuratore aggiunto -. Polizia e carabinieri, così come i magistrati non hanno i mezzi e gli strumenti all’altezza della sfida. È vero che ci sono stati molti successi e sono stati inferti colpi durissimi a Cosa nostra, ma la mafia non è ancora in ginocchio». Tutt’altro tema, tutt’altra inchiesta, quindi. E allora perché l’attacco? È nei corridoi della procura dove si ipotizza che si stia assistendo a una sorta di ricatto di Dell’Utri nei confronti di Berlusconi. Il senatore del Pdl già condannato in primo grado a nove anni per associazione esterna è in difficoltà, ha paura che l’appello vada male, e questo sarebbe il suo modo di ricompattare gli amici più potenti.

Tutto qui? Non tanto. Perché la situazione è molto più complessa. Perché sia Ciancimino che Spatuzza parlano anche di altro, raccontano della “trattativa” fra pezzi dello Stato e Cosa nostra a cavallo delle stragi e poi anche del potente ex capo di Publitalia (ne avrebbe parlato Ciancimino a più riprese) Marcello Dell’Utri. E poi ci sarebbe anche la “ricomparsa” di una relazione della Dia del 1999 che parla di legami tra imprenditori mafiosi e un’azienda (la Co.Ge costruzioni) in cui compaiono due soci, Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, e Giorgio Mori, fratello di quel generale Mori ex capo del Ros e poi del Sisde e oggi a capo dell’ufficio sicurezza del Comune di Roma. Questo documento della Dia ritorna oggi di attualità come il procedimento contenitore “Sistemi criminali” archiviato in passato dai pm Ingroia e Roberto Scarpinato sugli intrecci fra affari, criminalità e massoneria. E poi si parla, e tanto, di Bernardo Provenzano, e quello che starebbe emergendo dalle dichiarazioni è tutt’altro che una mera operazione “di archeologia”, perché, secondo una delle ipotesi di indagini (questa sì anche a Palermo) e delle dichiarazioni del figlio dell’ex sindaco del “sacco” di Palermo, la “trattativa” avrebbe avuto inizio ben prima del ’92, almeno dall’anno precedente, e protagonista della vicenda non sarebbe stato Totò Riina, estensore del famoso “papello”, ma Binnu Provenzano. E ci sarebbe di più. Lo stesso Ciancimino avrebbe fatto capire che anche Marcello Dell’Utri sarebbe stato quanto meno a conoscenza di questa trattativa, una sorta di pax di affari, una exit strategy dalla fase stragista condotta dall’ala armata di Cosa nostra guidata da Riina e Bagarella.

Si rischia di fare scenari fantascientifici o di cadere in qualche trappola cercando di mettere insieme tutti questi frammenti. Di certo c’è che Ciancimino parla e che Spatuzza svela uno scenario, quello militare di Cosa nostra agli inizi degli anni 90, che rimette in discussione tutto l’insieme delle verità processuali acquisite finora. E si apre anche un quadro inquietante non solo sugli intrecci che erano dietro le stragi e la trattativa, sulle presunte deviazioni di alcuni apparati dello Stato, ma anche sulla fretta di ottenere subito risultati dopo che il tritolo aveva ucciso Falcone e Borsellino. Anche di questo Spatuzza parlerebbe. E anche nella polizia giudiziaria il nervosismo si fa evidente. «Qui di cose ne sono successe dopo le stragi – si lascia andare un funzionario -. Le faccio una domanda: lei quante azioni da parte del nucleo investigativo dei Carabinieri e dei Ros ha visto nei confronti di Provenzano dopo la mancata cattura ai tempi del colonnello Riccio? Io francamente non me ne ricordo una». Si parla della testimonianza, e della morte, di un collaboratore, Luigi Ilardo, vice del capo mafia di Caltanissetta “Piddu” Madonia che nel 1995 era in grado di far catturare a Mezzojuso Bernardo Provenzano nel corso di un summit di capi mafia, ma che (questa l’accusa del processo a parte dei Ros siciliani dell’epoca) per un inspiegabile non intervento degli uomini del generale Mario Mori non andò in porto. Dopo più di un decennio il malumore e le tante perplessità su come vennero condotte le indagini negli anni successivi alle stragi oggi riemergono prepotentemente. E il disagio poi si amplifica, soprattutto all’interno della polizia di Stato, a causa dei tagli economici, delle sempre minori risorse anche sul piano formativo.

«Se parliamo dei processi finiamo in politica, se parliamo di politica finiamo nei processi», si lascia sfuggire uno degli investigatori. Sono tutti “abbottonati” in questi giorni a Palermo. La chiusura dell’appello a Dell’Utri da un lato, il processo Mori dall’altro. E poi le nuove dichiarazioni di Ciancimino sui “piccioli” e sulle “collaborazioni” fra boss e pezzi dello Stato. E ancora l’ombra dei servizi e della massoneria e i tanti affari che, dopo un breve periodo di rallentamento successivo alle stragi, sarebbero ripresi come se nulla fosse successo. E poi l’attacco, che in molti si aspettavano, alle procure. Ma che ha stupito perché così specifico su Palermo. Come se qualcuno temesse che con l’arrivo di una condanna a Dell’Utri poi si andasse a una nuova e ancora più devastante stagione di rivelazioni. >> xxx

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domenica 13 settembre 2009

Quando si lavora contro la Persona (2 episodi: INPS, BANCHE)



Dom. 13.09.2009 -

Intendo oggi proporre due episodi personali, ma emblematici del buio che stiamo attraversando come società: il lavoro dell’ “uomo” non inteso per fornire beni o servizi ai suoi simili, come reputo dovrebbe essere, ma solo vantaggi per sé, anche con la consapevolezza di provocare danni ingiusti ad altri.

Primo racconto - Franca è mia sorella, ha una disabilità (dall’età di un anno) per la quale percepisce da decenni una pensione di invalidità civile dall’INPS; in data 29.08.2009 ha ricevuto una raccomandata A.R. con la quale l’INPS di Perugia la informava della intervenuta sospensione dell’indennità a decorrere dal 05.08.2009, come conseguenza della sua mancata presentazione ad una visita medica di verifica del perdurare del suo stato di inabilità, fissata appunto per il 05.08.2009, nell’ambito di un piano straordinario di controlli predisposto dall’INPS a livello nazionale. xxx

Un solo problema: Franca non ha mai ricevuto la convocazione per la visita del 05.08.2009, la raccomandata che doveva informarla non è mai stata recapitata (per problemi addebitabili al mittente e non al destinatario): Franca ha la colpa di non essersi presentata ad una visita della quale non era stata informata!

La sospensione della pensione è però scattata con immediatezza, senza che alcuno, all’INPS, si sia preoccupato, evidentemente, di verificare se l’assenza di Franca il 05.08.2009 potesse essere dovuta (vedi mai!) al mancato recapito dell’avviso.
Un provvedimento grave, come la sospensione di un trattamento pensionistico ad una invalida civile, preso senza neanche questo elementare e doveroso riscontro.

Secondo racconto - Chiara è mia figlia, la più grande, studia all’Università di Bologna; qualche giorno addietro mi informa di aver ricevuto per posta due assegni circolari dall’Ente universitario che cura lì le borse di studio, vorrebbe cambiarli, ma ora non è in sede. Le suggerisco di andare in una qualsiasi banca, non dovrebbero esserci problemi visto che, trattandosi di assegni circolari, risultano pienamente garantiti.

I problemi invece ci sono: bussa a tre filiali di istituti bancari, nessuno intende cambiare gli assegni, dicono di poterlo fare solo a condizione che apra un conto corrente presso di loro!! Rifiuta, ovviamente.

Mi interpella nuovamente, io sono impegnato nella faccenda di Franca, le dico che in questo momento non me la sento di aprire un altro “fronte”, suggerisco di provare con un libretto postale (a costo zero) e di versare lì i due assegni.

Chiara nel frattempo si è informata, ha raccolto qualche notizia, è venuta a sapere di un 4 per mille di commissioni che le banche possono trattenere quando sono chiamate a cambiare gli assegni circolari, e che devono farlo senza indugiare.
Torna in una delle banche dove le era stato opposto il rifiuto, affronta la cassiera, pronuncia la parola magica: “4 per mille” …, assegni circolari pagati!!
Mi telefona, è raggiante … brava Chiara!! xxx

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Marcello Dell'Utri - ?Il compaesano?


Marcello Dell'Utri -->
Dom. 13.09.2009 - Dal sito di "la Repubblica.it" (13.09.2009).

<< Tra '93 e '94 il piano di una strage allo stadio Olimpico: così il pentito Spatuzza ne parla ai pm toscani - Il messaggio sarebbe arrivato da Graviano, boss indicato come vicino a Dell'Utri in alcune inchieste

"Il super-attentato ha l'ok del compaesano" Le carte di Firenze che turbano la politica
di ATTILIO BOLZONI
ROMA - Prima ha parlato dell'uccisione di Paolo Borsellino con i procuratori di Caltanissetta, poi ha continuato a parlare con i procuratori di Firenze sulle stragi mafiose in Continente del 1993. E Gaspare Spatuzza, boss del quartiere palermitano di Brancaccio, soprannominato "U' tignusu" per le sue calvizie, ha cominciato dalla fine. Ha cominciato dal fallito attentato all'Olimpico, da quel massacro che nei piani di Cosa Nostra corleonese sarebbe dovuto avvenire una domenica pomeriggio allo stadio "per ammazzare almeno 100 carabinieri" del servizio d'ordine. xxx

Per fortuna, quella volta qualcosa non funzionò nei circuiti elettrici del telecomando che avrebbe dovuto far saltare in aria un'auto - una Lancia Thema - con dentro 120 chili di esplosivo. Non ci fu strage. Ma rivela oggi il pentito Gaspare Spatuzza ai magistrati di Firenze: "Giuseppe Graviano mi disse che per quell'attentato avevamo la copertura politica del nostro compaesano".

Le indagini riaperte sui massacri di diciassette anni fa sono disseminate di indizi che stanno portando gli investigatori a riesaminare uno scenario già esplorato in passato, ipotesi che girano intorno agli ambienti imprenditoriali milanesi frequentati dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, boss di Palermo più volte citati - in inchieste e anche in sentenze - come vicini al senatore Marcello Dell'Utri. E' a Firenze che hanno dato a Gaspare Spatuzza lo status di pentito (è entrato nel programma di protezione su richiesta della procura toscana), è a Firenze che il mafioso di Brancaccio sta svelando tante cose su quella stagione di "instabilità" mafiose a cavallo fra il 1992 e il 1994.

Rapinatore e poi sicario - è uno dei killer di don Pino Puglisi, il parroco ucciso a Palermo nel settembre 1993 - capo del mandamento di Brancaccio, legatissimo ai Graviano, Gaspare Spatuzza dopo avere fornito una diversa ricostruzione della strage di via D'Amelio (autoaccusandosi e smentendo il pentito Vincenzo Scarantino che a sua volta si era autoaccusato dello stesso massacro), è stato ascoltato sulle bombe di Firenze e Roma e Milano, dieci morti e centosei feriti.

E poi anche sul fallito attentato all'Olimpico, quello che - se fosse avvenuto - sarebbe stato uno degli ultimi atti della strategia mafiosa nell'attacco contro lo Stato. La "comprensione" del fallito attentato dell'Olimpico potrebbe, a questo punto, diventare la chiave per entrare in tutti i misteri delle stragi.

Inizialmente le ricostruzioni poliziesche avevano fatto risalire il progetto dell'attentato nel periodo ottobre-novembre 1993, poi il pentito Salvatore Grigoli aveva indicato una data precisa (domenica 31 ottobre, la partita era Lazio-Udinese), poi ancora un altro pentito - Antonio Scarano - aveva spostato di qualche mese il giorno della strage: 6 febbraio 1994, ventiduesima giornata di campionato, all'Olimpico l'incontro Roma-Milan. Gaspare Spatuzza racconta adesso alcuni restroscena cominciando con quella frase sulla "copertura politica".

Dichiarazione che va ad aggiungersi a quelle precedenti scivolate nell'inchiesta sui "mandanti esterni" per le bombe in Continente, prima fra tutte quella di Nino Giuffrè, il capomandamento di Caccamo. Spiegava Giuffrè ai giudici di Firenze: "L'attentato dell'Olimpico doveva essere un messaggio mandato in alto loco... Sarà stato uno dei soliti colpi di testa di Leoluca Bagarella contro i carabinieri, magari perché gli avevano arrestato il cognato Totò Riina, o perché mirava ad altri discorsi, ad eventuali contatti che poi ci sono stati fra i carabinieri e parti di Cosa Nostra".

Ma Antonino Giuffrè, più che della seconda ipotesi era convinto della prima. E spiegava ancora che - in quel periodo - dentro Cosa Nostra era già stato impartito l'ordine "di appoggiare la nuova formazione politica che era Forza Italia", che Cosa Nostra non avrebbe mai più continuato con le stragi, che "se ci fosse stato l'attentato dello stadio Olimpico a Bagarella gli avrebbero senza dubbio staccato la testa: sarebbe morto".

Le indagini di Firenze si incrociano con quelle della procura di Caltanissetta su Capaci e su via D'Amelio, con quelle di Palermo sulla famosa "trattativa" fra i Corleonesi e apparati dello Stato e infine quelle di Milano sugli investimenti in Lombardia dei fratelli Graviano. Dallo sviluppo di tutte questi filoni fra qualche mese affiorerà probabilmente qualcosa di più concreto, di più chiaro. Al momento sono soltanto "spunti investigativi", sono tracce. >>

?Non sarà che "la lingua batte dove il dente duole"?
Silvio Berlusconi, 08.09.2009:
"E' una follia che ci siano frammenti di Procura che da Palermo a Milano guardano ancora a fatti del '92, del '93, del '94" - "quello che mi fa male e' che gente cosi', con i soldi di tutti noi, faccia cose cospirando contro di noi che lavoriamo per il bene comune del Paese''.



Ed è un dente che duole da molto - Da "la Repubblica" del 24.09.1997, c'è di mezzo anche la BICAMERALE, DI DALEMIANA MEMORIA, a proposito, Grazie Massimo (!!):
<< BERLUSCONI: LE PROCURE MANOVRANO CONTRO DI ME - ROMA - I pentiti, pericolosi serial killer senza remore e senza coscienza, pagati dallo Stato, manovrati da giudici faziosi. Previti, un "avvocato con studio in Roma", probabile vittima di una grande montatura. Mai così netto, Berlusconi, nel dare la linea. Mai così chiaro nel chiamare killer i carnefici e vittime gli amici. "Scusa, Maurizio, vorrei tornare un momento sulla questione dei pentiti", dice. Interrompe Costanzo, che dopo un quarto d' ora a parlare di giustizia sulle poltroncine rosse del teatro Parioli aveva pensato: andiamo oltre, e gli chiedeva di politica, di Cossiga e del Centro. Invece: è il giorno di Palermo, questo, e della grande paura dell' assalto delle Procure, della denuncia del "clima intollerabile" in nome del quale non si può proseguire sulla via delle riforme. Ma lei pensa che il Pds abbia un ruolo a creare questo clima?, gli chiedono fuori dal teatro, e lui: "Mi piacerebbe poter rispondere di no". Non riesce a rispondere di no, tuttavia, riesce solo a premettere: "Io sono tranquillo, ho un' interna sicurezza e nervi d' acciaio, dopo 40 anni di lavoro, ma sapeste che fatica...". Non ho paura, io. Sono calmo, nonostante "la gravità della situazione sia sotto gli occhi di tutti". E così, via con l' attacco ai pentiti, "ma ristabiliamo l' ordine: non sono io che attacco i giudici, io che attacco i pentiti: sono loro che attaccano me". Poi, in francese: "Che animale cattivo, quando lo attaccano si difende... Serve una nuova legge, bisogna fermare i pentiti a gettone, è chiaro". Così come è chiaro che fra i tre punti "strutturali" che Berlusconi chiede siano trattati in Bicamerale - federalismo, sussidiarietà (cioè meno Stato più privato), giustizia - è l' ultimo che gli sta davvero a cuore quando dice: "Ora D' Alema deve passare dalle parole ai fatti e dimostrare in concreto che è un liberale, un garantista", o quando annuncia: "D' ora in avanti mi occuperò di giustizia con più frequenza e in maniera più precisa". Con più frequenza, promette. Solo se sarà possibile discutere e trattare su questi punti la Bicamerale, "che io per primo ho voluto e sostenuto", potrà proseguire nella scrittura delle riforme ed avere un consenso che non sia solo "una maggioranza risicata, perchè non è così che si riscrive la Costituzione". Da cui si evince che, per ora, la minaccia non è quella di abbandonare la Bicamerale alla maniera leghista, ma di fare ostruzionismo, opposizione, votare contro. Palermo, dunque. I pentiti-killer. "Non cambio una virgola di quello che ho detto. Al di là del singolo episodio (il caso Puglisi, ndr) i nostri candidati a Palermo rinunciano perchè hanno paura di fare la fine di Berlusconi. Noi gli proponiamo di candidarsi, loro parlano coi loro avvocati, coi dirigenti delle loro aziende, coi consulenti fiscali poi dicono non ce la sentiamo, grazie, non vorremmo essere perseguitati dalle Procure o dalla Guardia di finanza. Avremo un candidato, alla fine, e sarà uno di noi molto autorevole, ma è pazzesco quello che sta succedendo, io non auguro a nessuno quello che è successo a me". Un castello di accuse, dice, costruite dai giudici sulla base delle parole dei pentiti. I giudici, "che non sono uomini sacri ma impiegati dello Stato che hanno vinto un concorso, e c' è un gruppo di loro, una lobby, che ha preso il potere, costruisce le accuse sulla base di teoremi non provati e poi attraverso i media amici, incrimina incrimina qualcosa resterà". I pentiti, "serial killer senza remore, uomini che hanno ucciso 50, 100 volte non sanno neanche loro quante e non possono essere pentiti perchè ci vorrebbe una coscienza che loro non hanno, per pentirsi. Si pentono per opportunità, perchè ottengono protezione e soldi dallo Stato, ce ne sono alcuni che hanno avuto due o tre miliardi di premio, soldi nostri, ma vi rendete conto che questo è persino un incentivo a delinquere, per i giovani. E' vantaggiosissimo: rubi uccidi fai strage ti fai ricco poi se ti prendono ti penti subito, ti lasciano tutti i tuoi beni ti proteggono e proteggono la tua famiglia, ti danno soldi e premi. Cosa ha da perdere, un pentito, e come ci si difende da lui? Se non fosse tragico sarebbe ridicolo: ci sono uomini, gli stessi, che sono giudicati credibili da una Procura e inaffidabili da un' altra. Siccome si tratta di giustizia politica, è credibile il pentito che parla contro Andreotti ma non lo è più se parla d' altri". Una vera filippica, in effetti, che si chiude così: "I pm, ai pentiti, fanno dire quello che vogliono. E' un meccanismo sottile, ma chiaro. Il pentito sa benissimo quello che quel giudice amerebbe sentirsi dire: 'E poi ho visto anche..., c' era pure..., ho appreso da altri che...' . Facendolo, dicendolo ottiene la benevolenza del magistrato, il suo favore, qualche possibilità in più di ottenere benefici. Allora io dico: facciamo come in America, come in altri paesi. Diamo un termine ai pentiti per parlare: sette giorni dall' arresto, dieci. Ma non possono stare lì anni, ed essere usati a gettone, come un juke box". Detto questo, basta un passaggio su Previti: "Un avvocato con studio in Roma, di cui Fininvest rappresentava il 20 per cento della clientela. Non voglio assumere la sua difesa, ma leggendo le carte ho pensato: è possibile che sia una grande montatura, che si voglia creare il mostro. E' un povero paese quello in cui i processi si fanno in tv o sui giornali". In coda, due parole di politica. Un invito a Cossiga, "che metta la sua esperienza politica al servizio dei moderati, perchè un polino del 4 per cento che galleggia fuori dagli schieramenti fa il gioco delle sinistre". E se il Ccd uscisse dal Polo? Silenzio. "Meglio che non risponda, a questa. Me ne vengono in mente tre di risposte, una peggio dell' altra". - Concita Di Gregorio >> xxx

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venerdì 11 settembre 2009

Dopo l'aviaria, l'A/H1N1 - ?Altra bufala?




Ven. 11.09.2009 - Dal sito "ByoBlu".
<< Come tutti gli anni, anche quest'anno arriva l'influenza. Come tutte le influenze darà febbre, mal di testa, dolori muscolari, nausea, diarrea e tosse. Le influenze possono uccidere. Lo fanno in rari casi, quando colpiscono individui molto debilitati, che soffrono di patologie croniche o che hanno malformazioni organiche. A differenza delle solite influenze, tuttavia, l'influenza di quest'anno uccide molto meno: il tasso di mortalità è dello 0,3% in Europa e dello 0,4% negli USA. In Gran Bretagna, su oltre centomila casi, ci sono stati 30 morti. Negli States, su un milione di casi, sono decedute 302 persone. In Argentina 350, in Cile 128 e in Nuova Zelanda 16. In tutto il mondo, alla fine dell'inverno australe, si parla di circa 2500 morti. xxx

Solo in Spagna, di comune influenza ogni inverno ci rimettono la pelle fino a 3000 spagnoli, circa mezzo milione di persone in tutto il mondo. La malaria miete ogni anno milioni di vittime. La diarrea uccide oltre 2 milioni di bambini all’anno in tutto il mondo: con 25 centesimi a testa si potrebbero salvare. Troppo pochi. La polmonite e altre amenità, curabili con vaccini altrettanto economici, fanno fuori 10 milioni di persone all’anno. Sono numeri ai quali nessun giornale dedica la prima pagina. Invece, 2500 morti in tutto un inverno sono un problema di cui far discutere tutto il mondo.

La definizione di pandemia è stata modificata. Una malattia pandemica, prima, era tale solo se aveva un elevato tasso di mortalità. Ora questo requisito è scomparso. Così, la A/H1N1 può dare i natali alla sua personalissima pandemia. Felicitazioni!
Nel 2005, l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, prevedeva 7 milioni di morti per l’aviaria. Ce ne furono solo 262. A fronte di un errore così macroscopico, nessuno ha dato del ciarlatano all’OMS. Nessuno l’ha denunciata per procurato allarme. Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. In compenso, la Roche vendette milioni di dosi di Tamiflu, un antivirale di dubbia efficacia, ai paesi asiatici. Lo stesso governo britannico ne comprò 14 milioni di dosi. Non si sa mai…

Il Tamiflu è brevettato dalla Gilead Sciences, un’azienda biofarmaceutica che inventa, sviluppa e commercializza nuovi farmaci terapeutici. Ha sede a Foster City, in California, ma opera anche nel Nord America, in Europa e in Australia. il 3 gennaio 1997 ne assume la direzione Donald H. Rumsfeld, lo stesso Rumsfeld che nel 2001 abbandona l’esecutivo per servire Bush come segretario della Difesa e invadere l’Iraq. Lo stesso Bush che nel 2005 tira fuori dal cappello oltre 7 bilioni di dollari di fondi per l’emergenza dell’aviaria, oltre il 14% dei quali andarono proprio alla Gilead Sciences per aggiudicarsi scorte di Tamiflu. Nel NASDAQ, la Gilead compare come GILD. Rumsfeld, che detiene quote della GIlead di valore compreso tra i 5 e i 25 milioni di dollari - Insider Trading? - vende il brevetto del Tamiflu, che è composto basilarmente di anice, alla Roche. La Roche fa incetta di oltre il 90% della produzione mondiale di anice. Nel 2006 Bush emana il Pandemic Influenza Strategic Plan, grazie al quale vengono accatastate dosi massicce di antivirali per combattere future pandemie H1N1. L’80% di questi antiviarali sono Tamiflu: 731 milioni di dollari di parcella (al cambio del 2006).

Il vaccino per l’A/H1N1 ha come principio attivo l’Oseltamivir, distribuito da Roche sotto il nome di Tamiflu. Una prima fornitura di 500.000 dosi è già arrivata in Italia. L’Agenzia europea del farmaco non ha ancora dato la sua autorizzazione. Non appena arriverà l’OK, dice il viceministro della Salute Fazio, partirà la campagna di vaccinazione di 8,6 milioni di italiani.

La salute è uno dei diritti fondamentali di ogni uomo. Non può essere proprietà privata. Deve essere finanziata dal governo e condotta dai migliori ricercatori. Non può essere mercificata nelle borse né oggetto di speculazione personale. Non può sussistere alcun conflitto di interessi a farmi dubitare sull’utilità dell’assunzione di un farmaco. Nazionalizziamo le case farmaceutiche. >> xxx

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domenica 6 settembre 2009

?Avere o Essere? Il tempo che non ci appartiene


Dom. 06.09.2009 - Dal Blog di Beppe Grillo (05.09.2009).

<< Avere e non avere. Lavoriamo più degli schiavi ai tempi dei Faraoni. Per trent'anni. Quarant'anni, cinquant'anni. L'età della pensione si allontana fino a coincidere con quella della morte. Il lavoro ha, sempre più spesso, come unico obiettivo uno stipendio. Non è importante che il lavoro sia utile, necessario per la società o per l'individuo che lo svolge. Lo scopo di un'attività è, di solito, il denaro che se ne può ricavare. Denaro che serve per comprare beni inutili, prodotti da altre persone che fanno altrettanti lavori inutili. Per rendere utili beni inutili, aumentare la salivazione dei consumatori, abbiamo inventato l'industria della pubblicità. xxx

Un inganno colossale, un'autoipnosi a fini di lucro.
C'è una perdita di senso, di scopo complessivo. Siamo panni lavati e rilavati in una lavatrice con il programma impazzito. L'informazione e la pubblicità, una volta separate, si sono unite, compenetrate in una forma oscena che è ovunque, che giustifica tutto. La distruzione del pianeta, la cancellazione del tempo (nessuno ha più tempo..), la perdita di significato, la mancanza di valori al di fuori di quelli economici. Abbiamo allungato la vita per non poterla vivere, siamo troppo occupati a produrre. Avere, siamo drogati dall'avere, lavoriamo per avere. Abbiamo trasformato il mondo e noi stessi in un PIL, in prodotti a scadenza. Abbiamo tutto, ma non abbiamo più nulla.
In una società basata sulla produzione in quanto tale, a qualunque prezzo, chi perde il lavoro è una zavorra. E' fuori dai giochi. Per sopravvivere è necessario lavorare, fare qualunque lavoro. Il progresso è lavoro, il futuro è lavoro. Il progresso, invece, dovrebbe essere la diminuzione del lavoro. L'eliminazione del lavoro inutile. Lavoro per tutti, solo se utile e in modica quantità.
La dannazione del lavoro ha il suo "altro", il suo specchio, nei parassiti sociali. Quelli che, grazie al lavoro inutile degli altri, non lavorano. Sono dei divoratori di risorse umane e ambientali. Non hanno un lavoro vero e proprio, ma manipolano e posseggono il denaro, quantità spesso enormi di denaro. Sono gli addetti alla leva della ruota in cui girano, inconsapevoli, i lavoratori. La diseguaglianza sociale rende obbligatorio il lavoro inutile. La solidarietà sociale e una equa distribuzione dei beni cancellerebbe ogni produzione fine a sé stessa e i parassiti economici. Che senso ha avere, nello stesso Paese, l'Italia ad esempio, milioni di persone sotto la soglia di povertà, milioni di disoccupati e centinaia di migliaia di persone ricche a dismisura? Cosa vuol dire "vivere" nello stesso Paese per gli evasori e per i precari? La povertà è la materia prima del consenso dei regimi. Vanno stabilite una soglia di ricchezza e una soglia di povertà, entrambe da non superare. Avere e non avere. >> xxx

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